“La verità definitiva” di Ramesh S. Balsekar
“L’intera manifestazione è la danza cosmica della danzatrice divina, e la danza non è diversa dalla danzatrice. Questa danza va a ritmo con il tempo e avviene sul palcoscenico dello spazio. I suoi movimenti ne sono i vari aspetti e poteri. È il potere dell’ordine naturale degli eventi.”
Il testo non ha la tradizionale forma a dialogo classica dell’Advaita Vedanta ma si sviluppa in un discorso lineare, articolato per temi fondamentali: la natura del mondo fenomenico, il problema dell'individuo, la comprensione finale e la fine della schiavitù.
Ho scelto questo testo principalmente per due motivazioni. La prima riguarda il tema della metafisica non duale, un argomento che spesso il praticante di yoga curioso si trova prima o poi ad affrontare e che in questo testo viene espresso con chiarezza e che potrà essere un utile fonte di accrescimento personale. La seconda riguarda un capitolo che mi colpì in passato e che ritrovai nei giorni scorsi particolarmente attuale: la futile ricerca di sicurezza dell’individuo. Un tema che spinge il praticante a togliere gli ormeggi e sbarazzarsi dell’ostinazione nel trovare sempre e comunque un punto fisso su cui aggrapparsi.
Nella danza come nella meditazione quando sono stati compresi i primi passi e sono stati armonizzati al ritmo si innesca un movimento naturale e spontaneo. La differenza è che nella danza il movimento si armonizza al suono della musica, nella meditazione al nascere e svanire di tutte le cose. Il manifestarsi dello scorrere incessante dei fenomeni viene assecondato senza tensioni o reazioni e trattando tutto quello che avviene con la medesima importanza. In meditazione un suono, la sensazione tattile del corpo seduto a terra, lo scorrere del pensiero, l’accendersi di un’emozione, vengono trattati tutti allo stesso modo. Come ospiti che entrano ed escono di casa senza conoscerne le caratteristiche personali, essi vengono considerati con attenzione gentile, senza soffermarsi sui dettagli e concedendogli la libertà di andarsene o tornare senza imposizioni.
In tutto il testo si trovano continui riferimenti sia a Ramana Maharshi di Tiruvannamalai, noto mistico e maestro indiano dell’Advaita Vedanta, sia a Nisargadatta Maharaj, che fu l’insegnante dell’autore di questo testo.