Lo Zen di Kōdō Sawaki – La via sobria di un maestro senza dimora
C’è un tipo di libro che non si legge: si riceve. Lo Zen di Kōdō Sawaki non è un manuale né una guida spirituale tradizionale. È una trasmissione. Un testo asciutto e diretto, che arriva come un colpo secco, come una campana che risuona nel vuoto.
Kōdō Sawaki Rōshi non si preoccupa di convincere, di rendere gradevole, di sedurre. Semplicemente dice. E ciò che dice, è essenziale.
Il fulcro del testo si può riassumere in una sola affermazione: zazen non serve a nulla. Ed è proprio in questo “non-scopo” che si trova la sua forza. Sawaki demolisce con fermezza ogni motivazione utilitaristica associata alla meditazione: calma, realizzazione, progresso spirituale. Sedersi in zazen non è un mezzo per arrivare altrove. È l’atto radicale dell’esserci, puro, privo di aspettative.
Contesto storico e genealogia spirituale
Kōdō Sawaki (1880–1965) è una delle figure più carismatiche e indipendenti dello zen moderno giapponese. Rimasto orfano in giovane età, ha attraversato esperienze di povertà, guerra e marginalità prima di diventare uno dei più influenti maestri del suo tempo. Celebre con il soprannome di “Kōdō senza dimora”, rifiutò per scelta di stabilirsi in un tempio: la sua missione era portare zazen ovunque — fabbriche, scuole, prigioni.
Negli anni ’60, il suo discepolo Taisen Deshimaru (1914–1982) portò la pratica in Europa, stabilendo le basi dello zen in Occidente. La sua opera fu pionieristica: non tradusse solo testi, ma adattò l’essenza dello zazen a un contesto laico, occidentale, senza comprometterne la radicalità.
Lo Zen di Kōdō Sawaki raccoglie insegnamenti orali, appunti, intuizioni dei due maestri. Non si tratta di un testo accademico, ma di un documento vivo di trasmissione diretta.
Zazen come pratica assoluta
Leggere questo libro è come essere posti davanti a uno specchio essenziale. Non offre tecniche complesse, né percorsi graduali. Non propone gradi di realizzazione. Propone una postura. Sedersi, immobili, nella piena consapevolezza del corpo e del respiro. In questo gesto apparentemente semplice si concentra l’intera visione dello zen sōtō: una pratica senza oggetto, senza meta, senza interpretazione.
Sawaki parla con un tono netto, privo di ornamenti. Non è accomodante. Non corteggia il lettore. Lo spinge, lo provoca, lo risveglia. E lo fa con rigore, ma anche con umorismo secco, con la precisione di chi ha incarnato ciò che dice.
“Zazen è tornare a casa.
Non per cambiare la realtà,
ma per smettere di fuggirla.”
Lo Zen di Kōdō Sawaki non è un testo per cercatori occasionali. È un libro che si apre quando si è pronti a smettere di cercare. A chi desidera praticare una meditazione non spettacolare, ma esatta, non orientata al risultato, ma radicata nell’essere, questo libro offre una guida silenziosa e potente.